GEOGRAFIA

Il bacino del fiume Nera presenta una superficie totale di circa 4.300 km2, di cui poco più di un terzo in territorio umbro. Il bacino è prevalentemente montuoso e presenta la quota media più alta tra i vari bacini umbri (909 m s.l.m.).

Il territorio del Consorzio del Bacino Imbrifero Montano “Nera e Velino” di Cascia, per la porzione che raggruppa i 10 Comuni della medio-alta Valnerina, occupa il settore sud-est della Regione Umbria ed è inquadrabile nella parte meridionale dell’Appennino Umbro-Marchigiano, più precisamente a sud-ovest della catena dei Monti Sibillini. Detti 10 Comuni montani vedono una superficie di circa 920 Kmq, sostanzialmente tutti ricompresi nella porzione settentrionale del bacino del fiume Nera. Rappresenta un’evidente eccezione il Comune di Sellano, che per poco meno della metà del suo territorio è ricompreso nel sottobacino del fiume Chiascio (come il Nera, anch’esso affluente in sinistra idrografica del Tevere).

Il dislivello altitudinale del territorio in tal modo inquadrato è di circa 2000 metri, con quota massima sul livello del mare identificabile con la Cima del Redentore a 2.448 m, e quella minima di circa 260 m rilevabile in prossimità di Ponte Santiago, a cavallo fra le Provincie di Perugia e Terni. L’altitudine massima, come ricordato, viene raggiunta dalla Cima del Redentore a 2.448 m (che sovrasta il bacino di Castelluccio di Norcia), in ogni modo le quote dei rilievi minori superano spesso i 1.400 m, ovvero (ed escludendo i rilievi contermini al M. Vettore): quasi tutte le sommità dei rilievi delimitanti la conca nursina, M. Coscerno (1684 m slm), M. di Civitella (1565 m slm), M. Aspra (1652 m slm), M. Birbone (1501m slm), M. Maggiore (1428 m slm), M. Sciudri (1427 m slm), M. Maggio (1415 m slm) e M. l’Aspro (1401 m s.l.m.).

I principali tratti orografici della medio-alta Valnerina umbra sono in tal modo delineabili:

  • sommità dei rilievi che vedono la totale assenza di roccia affiorante, bensì la presenza di profili dolci ed arrotondati;
  • porzioni di tracciato dei principali corsi d’acqua date non di rado da gole strette e profonde (Nera, Corno);
  • aree pianeggianti poco rappresentate, costituite sostanzialmente dai fondivalle dei corsi d’acqua e da alcuni altopiani (si ricordano a tal proposito quelli di Castelluccio di Norcia, Chiavano, Ruscio, Agriano-Avendita).

Il sistema viario principale è costituito dall’arteria veicolare di fondo valle (in parte ex SS Valnerina 209 ora SR Valnerina 209 ed in parte SS 685 Tre Valli Umbre) che verso nord nord-est permette di raggiungere rispettivamente le provincie di Macerata ed Ascoli Piceno, e verso sud sud-ovest la conca ternana.

ll centro abitato numericamente più rilevante è rappresentato da Norcia, che escludendo le frazioni non raggiunge comunque i 4000 abitanti.


IDROGRAFIA

Per inquadrare l’idrografia su area vasta risulta naturale partire da alcune considerazioni riguardanti i Sibillini, catena dalla quale prende vita anche il Nera.

In corrispondenza della dorsale principale i Sibillini costituiscono lo spartiacque Tirreno-Adriatico. Quest’ultimo risulta, pertanto, spostato verso oriente rispetto a quanto accade generalmente nel resto dell’Appennino. Nell’ambito della zona considerata si distinguono:

  • il bacino chiuso dato dei tre altopiani localizzati intorno a Castelluccio di Norcia (Grande, Piccolo e Perduto);
  • corsi d’acqua che si originano in corrispondenza dei versanti delle vette poste ai margini orientali (per cui sul versante marchigiano), denominati “subappenninici” (Torrenti Piastrella, Tennacola, Rio Terro, Fossi Acquasanta e Fluvione);
  • corsi d’acqua che si originano all’interno del gruppo montuoso, e le cui acque raggiungono l’Adriatico (Torrente Fornace, Fiumi Piastrone, Fiume Ambro, Fiume Tenna e Fiume Aso);
  • corsi d’acqua che si originano anch’essi all’interno del gruppo, ma che defluiscono verso il Tirreno (Fosso Canapine, Fosso Inferno, Fiume Sordo, Torrente Campiano, Fiume Nera e Torrente Ussita).

Osservando i reticoli idrografici dei fiumi sopra indicati si rileva che quello dei fiumi subappenninici è di media densità e tende al dendritico, evidenziando così l’erodibilità accentuata di rocce relativamente omogenee. Si osserva poi che il reticolo dei fiumi del secondo gruppo è poco sviluppato nella parte alta delle valli pur riflettendo un andamento di tipo subparallelo. Il terzo gruppo riflette un reticolo ad andamento di tipo angolare: le particolari confluenze ad “Y” rivelano la prevalente impostazione su linee strutturali ben definite dovute al susseguirsi di brachianticlinali e brachisinclinali lungo lo stesso asse tettonico.

Un caso a parte è il bacino chiuso di Castelluccio di Norcia, ove sulle pendici dei rilievi circostanti si è sviluppato un reticolo rado, di tipo radiale e con andamento centripeto, che nel caso del Pian Grande fa giungere le proprie acque a quell’unico collettore dato dal Fosso Mergani, la cui quota più a valle rappresenta anche il luogo di scomparsa delle acque superficiali.

Come si è appena accennato, il fiume Nera ha origine nei Monti Sibillini, nel Comune di Castelsantangelo sul Nera (MC), alle pendici del Mt. Cardosa (1818 m slm) e defluisce per circa 125 chilometri fino a raggiungere il fiume Tevere nella porzione più meridionale dell’Umbria. Attreversa i dieci Comuni del Consorzio per una lunghezza complessiva di circa 45 chilometri, interessando specificamente: Preci per 13,5 Km, Cerreto di Spoleto per 12,5 km, Vallo di Nera per 7 km, Sant’Anatolia di Narco per 5 km e Scheggino per 7 km.

La pendenza media dell’alveo fino alla confluenza con il fiume Velino è di circa l’1%; a valle di questa si riduce considerevolmente.

Il Nera scorre da nord-est verso sud-ovest e i principali tributari per il suo tratto medio-alto risultano essere: il Campiano (che confluisce in prossimità di Ponte Chiusita di Preci), il Corno (che rappresenta l’affluente principale con un bacino di alimentazione di circa 615 km2, il cui andamento principale è da sud verso nord e che vede la convergenza del Sordo in corrispondenza di Serravalle di Norcia), il Vigi (che provenendo da nord immette le sue acque in destra orografica, in prossimità di Borgo di Cerreto), il Tissino (affluente di sinistra, che immette le sue acque presso Ponte di Cerreto di Spoleto, poco più a valle del Vigi).

La natura prevalentemente montuosa del territorio influisce sui corsi d’acqua, che presentano un assetto fortemente erosivo e trasporto solido costituito da ciottoli e sabbie calcaree, con granulometrie molto eterogenee.

Questo fiume, essendo alimentato dalle strutture calcaree orientali, presenta deflussi costanti e consistenti. Infatti questo è l’unico corso d’acqua umbro ad avere un regime tipicamente fluviale e dunque per tale motivazione il Nera è affluente di grande importanza per il fiume Tevere.

Il suo apporto infatti ha un effetto regolarizzatore sul regime idrologico del principale fiume dell’Italia centrale e peninsulare, sia come incremento del suo deflusso medio annuo che come attenuazione della variabilità stagionale delle sue portate.

Il fiume Nera è l’unico corso d’acqua umbro a presentare un regime tipicamente fluviale: la portata media annua naturale, calcolata alla sezione di confluenza con il Tevere, può superare i 100 m3/s e durante l’anno le portate medie mensili non si discostano di molto da questo valore medio.

Tale caratteristica è piuttosto comune ai corsi d’acqua del suo bacino idrografico ed è conseguenza delle caratteristiche del bacino stesso: l’elevata permeabilità dei terreni assicura infatti alla circolazione idrica superficiale un’abbondante alimentazione di base: inoltre, date le caratteristiche altimetriche del bacino, le precipitazioni sono per una buona parte nevose.

Il BFI (per Base Flox Index, o deflusso di base, si intende l’aliquota del deflusso idrico legata ai contributi “sorgentizi” – il riferimento quindi è alle portate di tempo asciutto – rispetto al deflusso totale. L’entità di tali contributo dipende dalle caratteristiche idrogeologiche del bacino – intensità limite d’infiltrazione, porosità efficace, permeabilità delle formazioni rocciose, ecc. – che condizionano in modo determinante le magre dei corsi d’acqua) calcolato su 12 sezioni lungo l’asta fluviale principale e alle sezioni di chiusura dei suoi principali affluenti è sempre superiore a 80, con valori massimi per i torrenti Ussita e Vigi.

Ponendo l’attenzione sui dati di portata media annua pubblicati dal SIR (Servizio Idrografico Regionale), si evince che in passato il deflusso naturale del fiume Nera a monte della confluenza del fiume Velino è stato anche di 34 m3/s; il deflusso misurabile si attestava invece su valori decisamente inferiori. Notevoli differenze tra portate naturali e portate misurabili si osservano anche per i suoi affluenti. Questo perché il bacino del fiume è interessato da forti prelievi a scopi prevalentemente idroelettrici e di pescicoltura, di entità variabile, che modificano fortemente i deflussi naturali. Le concessioni idriche che interessano questi corsi d’acqua sono prevalentemente a scopo idroelettrico: nel bacino esistono infatti alcune centrali di grande potenza e numerose centraline con serbatoi molto capienti.

L’unica stazione idrometrica localizzata lungo il Nera, ricadente nel territorio di interesse, è quella di Vallo di Nera, ovvero al netto della possente derivazione costituita dal Canale del Medio Nera ed a valle delle seguenti principali confluenze (da nord verso sud): Campiano, Corno (e quindi anche Sordo), Vigi e Tissino.

Ebbene, negli ultimi anni le portate medie mensili del Nera presso Vallo di Nera si possono riassumere come segue:

ANNOPORTATA MEDIA MENSILE MIN.PORTATA MEDIA MENSILE MAX.
20182,978,16
20173,527,13
20164,475,99
20154,375,44
20143,986,54
20134,717,69
20123,865,17
20114,035,48
20105,9110,96

CLIMA

Il termine “clima”, che indica un peculiare complesso di condizioni meteorologiche, avoca a sè la memoria degli eventi metereologici riguardanti un certo territorio per un dato periodo di tempo, e a seconda dei casi si dirà che un territorio è caratterizzato da un clima più o meno favorevole, più o meno caldo, più o meno freddo oppure nuvoloso, ventoso, ecc. Con “tempo meteorologico” ci si riferisce invece alle condizioni climatiche di un preciso momento, passato o futuro. Il concetto di tempo metereologico risulta dunque strettamente associato alle previsioni che lo riguardano, in quanto strettamente relazionate alla pianificazione delle attività umane a breve termine.

Nel momento in cui si compiono studi che possono ricomprendere anche le scienze della vita, ciò che interessa è naturalmente il clima, il quale è uno dei fattori determinanti per la distribuzione degli organismi viventi. In particolare la Bioclimatologia ha per scopo di individuare gli effetti provocati dallo stesso sugli organismi viventi e, nel caso delle piante, individuare relazioni sia a livello morfologico (adattamenti) che distributivo (biogeografia). Attraverso questo approccio alcune discipline, tra le quali la Geobotanica e la Fitosociologia, sono arrivate a definire tipi bioclimatici, e quindi a renderli fruibili alla consultazione per mezzo di cartografia tematica. Appare evidente che la Bioclimatologia riveste particolare importanza nella pianificazione ambientale, nello studio del paesaggio e, non ultima, nella realizzazione di opere di recupero ambientale, cioè nel campo dell’Ingegneria Naturalistica, per quanto riguarda sia la scelta che l’utilizzo delle specie vegetali.

Il clima come fattore ecologico ha un profondo effetto sullo sviluppo della vegetazione: la correlazione tra formazioni vegetali, fisionomie, tipologie vegetazionali e tipologie climatiche è stata ampiamente discussa e dimostrata sin dalle origini della geobotanica da molti autori tra i quali Hann, Koppen, De Martonne, Emberger, Amman, Gams, Thorntwaite, Walter, Lieth, Rivas-Martinez, ecc.

Integrando le elaborazioni dei dati climatici con la distribuzione dei diversi tipi di vegetazione, è possibile caratterizzare e differenziare le zone e/o piani altitudinali. Viceversa, una carta vegetazionale, per le motivazioni sopra accennate, permette di individuare le caratteristiche climatiche al suolo. Le definizioni che si incontrano in campo geobotanico, quali: fasce o piani di vegetazione, climax, serie climaciche di vegetazione, stanno ad indicare questa strettissima connessione tra clima e vegetazione.

Fig. 1 – Diagramma ombrotermico di Walter-Lieth

La misurazione del clima dunque non può che partire dalle caratteristiche geografiche ed orografiche del territorio, che variando comportano la naturale variazione di parametri basilari quali temperatura e umidità. Questi ultimi a loro volta dipendono da molteplici parametri (umidità dell’aria, radiazione solare, nuvolosità, vento, pressione atmosferica, ecc.), la cui misurazione risulta di sostanziale difficoltà. Ecco che per ridurre tale difficoltà vengono di fatto presi in considerazione solo due parametri: temperatura (in °C) e precipitazioni meteoriche giornaliere (in mm di acqua per m2, ovvero mm/m2). Al fine di caratterizzare il clima vengono quindi elaborati i dati pluriennali di tali due parametri, che possono fornire indici climatici o rappresentazioni grafiche utili a tale scopo; queste ultime permettono un confronto senza dubbio più agevole dei dati numerici riferiti ad una o più stazioni climatiche. Generalmente, in fase di progettazione di un’opera di Bioingegneria, si fa riferimento ai dati di temperatura e pioggia provenienti da stazioni di rilevamento posizionate quanto più vicino possibile al sito d’intervento (o comunque aventi caratteristiche stazionali simili). Un tipo di grafico molto utilizzato nell’analisi climatica stazionale è il diagramma ombrotermico ideato da Bagnouls e Gaussen, poi modificato da Walter e Lieth (Fig. 1). Il diagramma ombrotermico di una certa località si costruisce come un diagramma cartesiano, ponendo sull’ascissa i mesi dell’anno, sull’ordinata di sinistra le temperature e su quella di destra le precipitazioni, dove i valori delle temperature sono rappresentati con una scala doppia rispetto a quelli delle precipitazioni (1 °C = 2 mm). Si tracciano quindi le curve relative alle precipitazioni (curva umbrica) e alle temperature (curva termica) utilizzando i valori medi mensili. Quando la curva delle precipitazioni scende sotto quella delle temperature, cioè quando la quantità di precipitazioni è inferiore al valore doppio della temperatura (P<2T), allora il periodo indicato deve considerarsi arido. Oltre i 100 mm di precipitazioni la scala viene ridotta a 1/10 e l’area corrispondente indica il periodo piovoso. Questo tipo di rappresentazione grafica risulta utilissima ai fini dello studio dell’ecologia vegetale, in quanto offre indicazioni sull’eventuale esistenza e consistenza del periodo di aridità estiva, che rappresenta il fattore limitante di maggiore incidenza nei lavori di recupero ambientale nei territori con caratteristiche climatiche spiccatamente mediterranee. L’analisi bioclimatica fornisce dunque importanti indicazioni per la scelta delle essenze adatte per il territorio considerato.

Per la produzione dei diagrammi ombrotermici, come detto, risultano necessari dati pluviometrici e di temperatura. In Valnerina, per la porzione di territorio d’interesse sono presenti 9 stazioni del SIR che vedono la presenza di uno o entrambe i sensori, in ordine alfabetico: Cascia, Castelluccio di Norcia, Forche Canapine di Norcia, Forsivo di Norcia (solo pluviometro), Norcia, Monteleone di Spoleto, Ponte Buggianino di Cerreto di Spoleto (solo termometro aria), Sellano, Vallo di Nera (solo pluviometro).

Le fasi di successivamente progettazione di opere di ingegneria naturalistica nell’ambito del Pia.ME.NER. potrà avvalersi dunque anche dei dati provenienti dalle stazioni appena citate.

Fig. 2 – Stralcio della carta fitoclimatica dell’Umbria riferita al territorio di interesse

Oltre ad informazioni di tipo puntuale, che per i motivi sopra esposti possono però anche non essere del tutto pertinenti con il sito d’intervento, è possibile fare riferimento ad indicazioni riferite ad una scala più ampia. È questa la funzione delle carte tematiche a piccola scala (1:100.000, 1:200.000), realizzate negli ultimi anni dalla Regione Umbria, le quali forniscono sicuramente un valido supporto nella fase di studio di opere di sistemazione idraulico-forestali e più in particolare di bioingegneria. La Carta Fitoclimatica ad esempio evidenzia una generale scissione della regione in due grandi aree climatiche (Temperata Semioceanica di Transizione e Temperata Semioceanica): la parte sud-occidentale più calda, quella centrale e la dorsale appenninica più fredde; questo grazie all’elaborazione di dati provenienti da 60 stazioni. Le aree (ovvero piani) identificate come omogenee per clima e vegetazione sono esattamente 14: piano blioclimatico collinare submediterraneo, collinare submediterraneo variante temperata, basso-collinare, basso-collinare variante umida, basso-collinare variante umida con aspetti termo-xerofili, basso-collinare variante fredda, alto-collinare, alto-collinare variante umida, collinare subcontinentale, basso-montano, basso-montano variante xerica, basso-montano variante umida, alto-montano, subalpino/alpino.

A migliorare la delineazione del quadro conoscitivo aiutano ulteriori tre rappresentazioni incluse nella carta principale: la carta ipsometrica, quella pluviometrica e la carta della vegetazione attuale (tutte in scala 1:900.000). In medio-alta Valnerina, ad eccezione del peculiare contesto ambiantale dato dal bacino di Castelluccio, i piani più rappresentati sono (Fig. 2):

  • collinare sub-continentale
  • alto collinare
  • basso-montano variante xerica
  • basso-montano variante umida
  • basso-collinare, che ricomprende gran parte del fondovalle del Nera