Per inquadrare la risorsa acqua dal punto di vista qualitativo, e valutare dunque sotto questo profilo le acque del medio-alto Nera, è necessario partire dalla disamina della Direttiva Comunitaria 2000/60/CE, emanata dal Parlamento e dal Consiglio Europeo il 23 ottobre del 2000.

La Direttiva 2000/60/CE, nota come Direttiva quadro per le acque (WFD: Water Framework Directive), definisce i principi generali e gli obiettivi per l’azione comunitaria in materia di acque. Secondo questo testo, recepito dallo Stato Italiano attraverso la Parte Terza del Dlgs 152/2006, “l’acqua non è un prodotto commerciale al pari degli altri, bensì un patrimonio che va protetto, difeso e trattato come tale” e per questo viene introdotto un approccio innovativo sia dal punto di vista ambientale (per gli aspetti ecologici e per quelli fisico-chimici) che dal punto di vista amministrativo/gestionale, descrivendo gli scopi che si intendono realizzare ed istituendo un quadro per la protezione delle acque superficiali interne, di transizione, costiere e sotterranee.

La norma europea prevede sia l’identificazione dei Distretti Idrografici come unità di riferimento per la gestione dei singoli bacini, che l’individuazione dei corpi idrici e la loro classificazione secondo lo stato di qualità.

Per quanto riguarda il primo aspetto, è stato ricordato in precedenza (sezione 6 della presente relazione) come l’Autorità di bacino distrettuale sia chiamata a comporre il Piano di gestione del bacino idrografico. L’art. 51, comma 10, lettera a della L. 28 dicembre 2015, n. 221, capo VII, recita infatti:

10. Le Autorità di bacino provvedono, tenuto conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente:

a) a elaborare il Piano di bacino distrettuale e i relativi stralci, tra cui il piano di gestione del bacino idrografico, previsto dallʼarticolo 13 della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, e successive modificazioni, e il piano di gestione del rischio di alluvioni, previsto dallʼarticolo 7 della direttiva 2007/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, nonché i programmi di intervento; (…)

Il Piano di gestione del bacino idrografico è composto da piani territoriali regionali, rappresentati dai Piani Regionali di Tutela delle Acque (PRTA o PTA), più ulteriori misure “supplementari” dettate dall’Autorità che le regioni sono chiamate ad attuare. Relativamente ad ogni distretto infatti viene predisposto un programma di misure, inserito appunto nei Piani di gestione, che tenga conto delle analisi effettuate e degli obiettivi ambientali fissati dalla Direttiva.

Il PTA (di cui all’art. 121 del DLgs 152/2006) è per tanto uno specifico piano di settore che, a livello regionale, costituisce strumento di pianificazione per la tutela nonché salvaguardia delle risorse idriche ed attua gli obiettivi previsti nel Piano di gestione del bacino. Ecco quindi che tale strumento di pianificazione regionale deve assolvere al secondo obiettivo della Direttiva Acque sopra richiamato, ovvero quello di individuare i corpi idrici e classificarli secondo lo stato di qualità.

Il PTA – già introdotto dal DLgs 152/99, poi aggiornato a seguito dell’entrata in vigore del successivo 152/2006 – contiene appunto l’insieme delle misure necessarie alla tutela qualitativa e quantitativa dei sistemi idrici.

Alla sua base vi è la conoscenza degli aspetti quantitativi naurali che caratterizzano i corpi idrici (andamenti temporali delle portate nei corsi d’acqua, delle portate e dei livelli piezometrici negli acquiferi sotterranei, dei livelli idrici nei laghi, serbatoi, stagni) e da tale conoscenza scaturisce la possibilità di conseguire i due principali obiettivi del PTA:

  • mantenere o riequilibrare il bilancio idrico tra disponibilità e prelievi, indispensabile per definire gli usi compatibili delle risorse idriche al fine della loro salvaguardia nel futuro;
  • stimare le caratteristiche di qualità dei corpi idrici attraverso l’intensificazione del monitoraggio e la conseguente definizione degli interventi per il conseguimento degli obiettivi di qualità.

Come si vede, con la Direttiva 2000/60/CE la qualità idrica non è più considerata quasi esclusivamente da un punto di vista chimico e solo finalizzata all’uso antropico, ma viene posta al centro dell’attenzione l’analisi dell’intero ecosistema acquatico e, in particolare, lo studio della composizione e abbondanza delle comunità vegetali e animali che lo costituiscono. Obiettivo finale di tale politica è stato quello di raggiungere, entro il 2015 e per tutti i corpi idrici naturali, il “buono stato ecologico”, condizione che riflette cioè buone condizioni di biodiversità, chimico-fisiche e quantitative.

Si evince che secondo la WFD, lo stato dei corpi idrici deve essere individuato in base alla qualità ecologica, la cui definizione si avvale di elementi biologici (struttura e composizione delle comunità acquatiche), elementi chimico-fisici ed elementi idromorfologici. La Direttiva fornisce una descrizione generale di 5 classi di stato ecologico per ogni categoria di acque superficiali. Lo stato di qualità dei corpi idrici viene definito come rapporto di qualità ecologica (EQR = Ecological Quality Ratio) calcolato rapportando i valori dei parametri biologici di un dato corpo idrico con quelli predefiniti dalle condizioni di riferimento. L’obiettivo è l’individuazione delle situazioni che si allontanano dalla realtà, e l’impegno per il raggiungimento dello stato buono sopra richiamato (o comunque il divieto di deterioramento dello stato elevato). Per quanto riguarda i criteri per la valutazione della qualità ecologica, la Direttiva dà specifiche indicazioni sul tipo di monitoraggio da effettuare; per i fiumi viene richiesto di considerare, tra i criteri per la valutazione della qualità ecologica, l’abbondanza delle comunità biologiche. Inoltre viene evidenziata la necessità di standardizzare i metodi, in modo da garantire la massima confrontabilità dei risultati ottenuti dai diversi operatori. Nell’ambito della sperimentazione dei nuovi criteri definiti dalla WFD è nata negli anni scorsi la proposta di un nuovo metodo di monitoraggio delle acque correnti in Italia (BUFFAGNI e ERBA, 2007; BUFFAGNI et al, 2007), con l’intenzione di rispondere alle esigenze dettate dalla normativa europea, sia in merito alla registrazione delle abbondanze degli individui raccolti, sia in merito alla “standardizzazione” della procedura. Il metodo proposto da BUFFAGNI, denominato MacrOper, si è basato sull’uso dell’indice Star_ICMi e sulla procedura di campionamento multihabitat originariamente proposta negli Stati Uniti per il “Rapid Bioassessment Protocol”. Tale procedura rientra nella maggior parte dei protocolli in uso a livello europeo. I principi alla base della tecnica sono stati testati durante il progetto europeo AQEM da tutti i partner coinvolti. Per quanto riguarda l’Italia, la tecnica è quindi stata adattata al contesto nazionale, al fine di garantire il più possibile una continuità con il protocollo di campionamento del metodo IBE (usato nei vecchi PTA redatti in forza del DLgs 152/99 – GHETTI, 1997; APAT & IRSA-CNR, 2003).

Con riferimento all’area territoriale interessata dal Pia.ME.NER. si riporta, di seguito, l’individuazione dello stato ecologico dei soli corpi idrici fluviali ai sensi della Direttiva Acque. L’elenco è tratto dall’Allegato 2.1 (Monitoraggio e Classificazione dei corpi idrici fluviali) al Piano di Tutela della Acque 2016-2021 della Regione Umbria, ed è stato modificato (evidenziazioni per la colonna “nome corpo idrico”) al fine di rendere più agevole l’individuazione dei corsi d’acqua ricadenti in tutto o in parte all’interno dei dieci Comuni della Valnerina afferenti al Consorzio B.I.M..

Si noterà che il Torrente Argentina detiene lo stato ecologico migliore (elevato), mentre l’intero fiume Sordo ed il tratto del Corno fra l’immissione del Sordo e la confluenza sul Nera il peggiore (sufficiente). Il giudizio per l’asta principale del Nera, dalle origini fino alla confluenza con il Velino, è risultato buono.

Oltre alla normativa che recepisce la Direttiva Acque, ulteriore normativa regionale attribuisce una elevata qualità idrica ai corsi d’acqua della medio-alta Valnerina. Lo fa indirettamente, attraverso la LR 22 ottobre 2008, n. 15 “Norme per la tutela e lo sviluppo del patrimonio ittico regionale, la salvaguardia degli ecosistemi acquatici, l’esercizio della pesca professionale e sportiva e dell’acquacoltura”, istituendo nell’area e attraverso le Province – al fine di tutelare la fauna ittica ed il suo ambiente – “zone di frega” (art. 15), “zone di protezione” (art. 16) e “zone a regolamento specifico” (art. 18).

Con le prime si vuole favorire la riproduzione naturale delle specie ittiche; le seconde si istituiscono nei seguenti casi (comma 2):

a) quando si accerta la presenza di popolazioni ittiche di particolare interesse e pregio che necessitano di adeguate tutele;

b) quando si rende opportuna la tutela e l’incremento della fauna ittica immessa e di quella esistente e la successiva colonizzazione di tratti contigui;

c) quando il corso d’acqua o parte di esso ha un notevole rilievo naturalistico ed ambientale e dove esistono condizioni ittiogeniche favorevoli alla presenza di specie o varietà ittiche autoctone di rilevante pregio e rarità, allo scopo di salvaguardarne la presenza e l’incremento naturale.

Fig. 6 – Istituti della LR 15/2008 (in rosso zone a regolamento specifico, in blu zone di protezione)

Nelle ultime invece è consentito l’uso di attrezzi ed esche determinate e sono previste specifiche modalità di prelievo.

Gli istituti di tutela/gestione ittiofaunistica presenti nell’area di interesse sono individuati in Fig. 6.

Infine, riguardo alla tematica del “deflusso minimo vitale” di cui all’art. 95 del DLgs 152/2006, declinata negli ultimi anni in “Ecological Flow” ovvero il volume di acqua necessario affinché l’ecosistema acquatico continui a prosperare e a fornire i servizi necessari, gli aggiornamenti ad oggi più recenti si rinvengono nella documentazione di seguito elencata:

  • PTA della Regione Umbria 2016-2021: 3.4.2 Flusso ecologico e 7.2.1 Bilancio idrico, uso della risorsa e flusso ecologico;
  • Delibera n. 4 datata 14/12/2017 della Conferenza Istituzionale Permanente dell’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale: “Direttiva per la determinazione dei deflussi ecologici a sostegno del mantenimento/raggiungimento degli obiettivi ambientali fissati dal Piano di Gestione del Distretto idrografico dell’Appennino Centrale” anche detta “Direttiva Deflussi Ecologici”.