Target

ObiettiviFavorire la riconnessione dell’alveo con la pianura inondabile, contrastare il fenomeno dell’arretramento delle sponde a causa dell’erosione, ricostituire habitat acquatici e ripari, recuperare il valore paesaggistico dei tratti spondali degradati.
Localizzazione interventoOvunque vi sia arretramento delle sponde in conseguenza di cedimenti limitati e localizzati delle stesse; per i tratti spondali che subiscono forte erosione, localizzati in prossimità di aree a rischio idraulico, rimane imprescindibile il ricorso agli approcci di ingegneria civile.
Soggetto esecutoreEnti pubblici.
Titolo di legittimazione sul terreno interessato dall’interventoL’intervento si attua all’interno dei 10 metri di cui al comma 1 art. 115 del Dlgs 152/2006.

Descrizione e motivazioni

Come già descritto in Azione 3 non sono rari – specialmente nei tratti spondali privi di fascia ripariale – cedimenti localizzati delle sponde, che provocano continuo arretramento delle stesse, arrecando problemi alle attività e/o alle strutture ubicate nell’area planiziale. Nei casi come quelli riportati nelle immagini che seguono (Fig. 1) la velocità della corrente provoca iniziale scalzamento al piede e successiva costante erosione sia a carico del fondo alveo che della sponda. In questi casi appaiono necessari:

Fig. 1 – Arretramento della sponda dx fra Sant’Anatolia di Narco e Scheggino
  • un riequilibrio plano-altimetrico del letto del fiume in rapporto alla pianura inondabile, che tenda alla riduzione della distanza tra il letto del fiume ed il piano di campagna, con relativo abbassamento del tirante idrico;
  • la realizzazione di un’opera di sostegno spondale elastica;
  • la rinaturalizzazione del tratto spondale.

L’innalzamento, quindi la stabilizzazione, del fondo alveo dovrebbe avvenire con opere trasversali e, particolarmente adatte perché non sporgenti e dunque non visibili, risultano essere le soglie, così come descritte da APAT nel 2004. Queste opere che hanno lo scopo di fissare – approssimativamente – nella sezione considerata il fondo alveo alla quota dell’alveo naturale. Al fine di correggere la pendenza per un tratto fluviale omogeneo dovrebbero essere impiegate più soglie.

L’inerte ideale per l’inserimento della soglia in contesti di pregio naturalistico è rappresentato da massi vincolati (cfr. Fig. 2).

Fig. 2 – Esempio di soglia a massi vincolati; il pietrame disposto a valle favorisce la risalita dell’ittiofauna.

Ristabilito il corretto rapporto plano-altimetrico fra fondo alveo e pianura inondabile si procederà con la realizzazione di un’opera di sostegno longitudinale, che consenta al tempo stesso la rinaturazione della sponda. La rinaturazione assicurerà, nel tempo, il consolidamento dell’argine, per il basilare ma spesso trascurato principio secondo il quale “la vegetazione induce stabilità, e la stabilità produce vegetazione”.

Considerate le seguenti necessità:

  • dotare il tratto fluviale di un’opera flessibile (o elastica, nel senso di relativamente adattabile alla corrente) e permeabile;
  • dotare il tratto fluviale di un’opera che svolga la funzione di sostegno della sponda e al tempo stesso la rinaturalizzi, rendendola nel tempo completamente naturale;
  • concepire un’opera che sfrutti al massimo la possibilità di avere materiale costruttivo sul posto, facilmente reperibile e soprattutto a basso impatto;
Fig. 3 – Rappresentazione schematica di palificata viva spondale.

una soluzione idonea a soddisfare tutte e tre le esigenze sopra menzionate è rappresentata dalla palificata viva spondale (Fig. 3). Si tratta di un’opera di sostegno a gravità, dunque consolidante, costituita da una struttura (a camere sovrapposte) in tronchi di legno da riempire con terreno e pietrame, nella quale impiantare talee vive ed astoni di salice. Parte della struttura è posta all’interno dell’alveo, per cui in parte sommersa. In circa dieci anni il legno della struttura si decompone per venire sostituito dagli apparati radicali dei salici che nel frattempo si saranno evoluti.

Nei casi in cui si prevedano possibili problemi di scalzamento al piede viene realizzata una difesa con una fila di massi posti al piede della palificata, a contatto con l’acqua, legati con una fune d’acciaio fissati con barre o profilati metallici di lunghezza di 2 m, infissi nel fondo (APAT, 2004).

Nella realizzazione di una palificata viva è essenziale che le talee attecchiscano, perché se l’opera non viene colonizzata dalla vegetazione è destinata a deteriorarsi, non svolgendo il ruolo per il quale è stata proposta.

Da evidenziare infine che i tronchi impiegati proverrebbero dalle attività di taglio di cui all’Azione 1.

Altro intervento consolidante, confacente con pendenze più elevate rispetto a quelle in corrispondenza delle quali può essere utilizzata la palificata viva – nonché meno dispendioso in termici economici di quest’ultima – è la grata viva (Fig. 4). Trattasi di una struttura di rivestimento costituita dall’incrocio di tronchi di legno, all’interno della quale impiantare talee ed astoni di salice. A seguito della decomposizione della struttura, la vegetazione messa a dimora assicurerà la funzione consolidante del terreno. Il principale limite della grata viva è che questa non è un’opera di sostegno e non può (a differenza della palificata) subire una spinta.

Fig. 4 – Rappresentazione schematica di grata viva

Sia la palificata viva che la grata viva sono in grado di assicurare nel tempo la restituzione di una sponda e di una sovrastante fascia ripariale completamente naturali, aspetto che non può essere soddisfatto da opere rigide come muri o scogliere in massi le quali, per quanto efficaci ed in varia misura rinaturalizzabili, non potranno mai ricreare una sponda completamente naturale.

Le due appena proposte rappresentano opere di ingegneria naturalistica di tipo consolidante, e sono ritenute idonee per lo svolgimento di interventi di difesa che hanno fra gli obiettivi da perseguire anche quello di rendere negli anni la sponda totalmente naturale. Per situazioni in cui il terreno non sia soggetto ad erosione, bensì sottoposto a debole scivolamento in quanto instabile, possono essere impiegate altre tecniche di ingegneria naturalistica, da individuare tra gli interventi di tipo stabilizzante.

Il ogni caso, la vegetazione evolutasi grazie all’impiego di tecniche di ingegneria naturalistica deve essere sempre gestita, al fine di avere sul posto individui con apparati radicali vigorosi e resistenti. In linea di principio dovrà dunque essere svolta l’Azione 1 anche in corrispondenza di queste opere, anche se densità del popolamento e diametri dei salici presenti dovranno essere regolati in base alla funzione che sono chiamati a svolgere.

Opportunamente dimensionate, palificata viva e grata viva, potranno essere applicate diffusamente lungo l’intero tratto fluviale considerato; in abbinamento a sistemazioni idraulico-forestale scarsamente impattanti, le due opere di ingegneria naturalistica richiamata favoriranno la riconnessione dell’alveo con la pianura inondabile permettendo al fiume, in occasione di aumenti di portata, di liberare la sua energia in modo naturale, ovvero in corrispondenza appunto delle proprie pertinenze.