Target
Obiettivi | Diminuire la velocità della corrente in modo tale da contribuire alla riduzione dei fenomeni erosivi; contribuire ad un corretto deflusso idrico anche in caso di aumenti di portata; aumentare l’offerta di habitat per l’ittiofauna; creare nuove nicchie ecologiche per la fauna legata agli ambienti umidi. |
Localizzazione intervento | Ove possibile in relazione alla localizzazione e alle caratteristiche dei terreni per i quali si chiederebbe l’uso. |
Soggetto esecutore | Enti pubblici. |
Titolo di legittimazione sul terreno interessato dall’intervento | Accordo con i proprietari per l’uso dei terreni. |
Descrizione e motivazioni
Non è raro, lungo l’asta, il verificarsi di cedimenti degli argini dovuti ad erosione. Generalmente ciò è da addebitarsi alla velocità del flusso, alterato – spesso – da rigide correzioni artificiali al regime fluviale. Uno dei problemi dati dalle “protesi” indeformabili (come possono essere un argine in calcestruzzo oppure una scogliera in massi sciolti) è dato dal fatto che risolvono il problema dell’erosione nel punto in cui vengono realizzate, traslandolo – spesso aumentato – più a valle. Concettualmente infatti, ad un “substrato” elastico (come è sicuramente un ambito fluviale) non dovrebbero mai essere abbinate strutture rigide: anche queste ultime dovrebbero essere elastiche, in modo da potersi adattare nel tempo. I sostenitori degli argini in calcestruzzo e delle scogliere potrebbero asserire “allora che vengano realizzate dette opere ovunque vi siano fenomeni erosivi”, senza considerare gli aspetti controproducenti di tale linea, ovvero:
- un fiume totalmente “imbrigliato” a fini antierosivi non sarebbe comunque in grado di contenere portate maggiori di quelle per le quali le relative artificializzazioni sono state progettate e dunque, sotto il profilo della sicurezza idraulica, probabilmente non darebbe maggiori garanzie di quelle derivanti da una gestione fluviale che presuppone l’impiego di opere antierosive meno impattanti;
- un fiume totalmente “imbrigliato” rappresenterebbe l’antitesi di quel concetto di naturalità alla base della reputazione dell’Umbria come cuore verde del Paese, e della Valnerina fiore all’occhiello regionale secondo detta visione;
- aumentare a dismisura le opere di artificializzazione a fini antierosivi comporterebbe costi elevatissimi.
Nell’ambito di tale ragionamento va tuttavia considerato che le opere di difesa longitudinali tradizionali quali quelle di sostegno in muratura e quelle in massi sciolti sono quelle in genere di più semplice realizzazione, mentre tecniche di difesa spondale più sostenibili richiedono l’impiego di maestranze specializzate, difficilmente reperibili nell’ambito territoriale trattato.
Omettendo per il momento l’indicazione sul tipo di opera da realizzare (si veda Azione 4), in linea generale sarebbe comunque opportuno riservare maggiore spazio al corso d’acqua, aumentandone la sezione d’alveo in modo tale che a parità di portata possa diminuire la velocità, con la conseguente riduzione dei fenomeni erosivi; inoltre, una sezione d’alveo più larga conterrebbe aumenti di portata con bassi tempi di ritorno.
Purtroppo tale azione sembra proponibile solo per limitatissimi tratti fluviali (evidenziati dai sottostanti allegati da XI a XIII, localizzati nei soli Comuni di Cerreto di Spoleto, Vallo di Nera e Scheggino), in quanto sono pochissimi i terreni di cui alla Tab. 1 tangenti al fiume, ancor meno quelli posti a monte di aree esposte al rischio più grave, situazione in cui tale azione di mitigazione del rischio idraulico – se estesa su adeguate distanze – avrebbe più senso. Il totale della superficie per la quale si prevede incremento della sezione d’alveo è pari a 4.000 mq.
In considerazione del fatto che tale azione, dato il suo modesto campo applicativo, non potrebbe avere effetti significativi sulla riduzione del rischio idraulico, ne viene proposta l’attuazione al solo scopo dimostrativo.
I tratti interessati dall’azione di contenuto ampliamento della sezione d’alveo dovrebbero ovviamente conoscere un percorso di naturalizzazione, mediante la creazione di habitat per l’ittiofauna e la costituzione (o la ri-costituzione nel caso quella esistente dovesse essere rimossa ai fini della realizzazione dell’intervento) di una idonea fascia ripariale. La progettazione di detti ampliamenti dovrebbe prevedere che durante i periodi di magra la velocità del deflusso sia, per parte dell’alveo, praticamente nulla, così da riprodurre ambienti difficilmente reperibili lungo il resto del corso d’acqua, ovvero quello delle acque lentiche, particolarmente adatti per gli anfibi ed alcune specie avifaunistiche.