Premessa
Il sistema informativo sulle catastrofi idrogeologiche elaborato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (SICI – Progetto AVI) riepiloga dati connessi agli eventi di piena – per ogni Comune – relativi al periodo compreso fra l’anno 860 ed il 2001, per un arco temporale complessivo di circa 11 secoli.
Tali dati traggono origine dalla consultazione degli archivi storici, i cui fondi contengono preziose informazioni relative a frane ed inondazioni verificatesi in passato sul territorio. Grazie a ciò dunque, è oggi possibile sapere con buona approssimazione quali e quanti siano stati gli eventi, nell’ultimo millennio, che hanno interessato anche i diversi fondovalle.
Il periodo preso in considerazione dal SICI termina come detto all’anno 2001, mentre per gli ultimi vent’anni circa una fonte di grande rilievo perché accessibile a chiunque – la quale conserva notizie di stampa risalenti anche a molti anni fa – è sicuramente costituita dal web.
Al fine di una ottimale organizzazione dei contenuti, la presente sezione “eventi di piena nella storia” contiene dunque le sole informazioni antecedenti grosso modo l’anno 2000, mentre quelle attinenti il secolo in corso sono state incluse nella sezione del menu in alto “criticità idrauliche ricorrenti”. Nell’elenco che segue, in ordine alfabetico, per ogni Comune ricompreso dal CdF sono riportati le seguenti informazioni (tratte dalle fonti riportate in calce):
- cenni storici riferiti al territorio comunale citato e panoramica del relativo patrimonio storico-artistico*;
- beni culturali comunali ubicati nel fondovalle*;
- rilevanti eventi di piena verificatisi nel Comune stesso.
Tale documentazione riassuntiva vuole contribuire a lasciare traccia, nella memoria della popolazione locale, rispetto all’entità e alla quantità dei problemi di natura idraulica che nel corso dei secoli si sono avuti lungo il medio corso del Nera, per l’appunto derivanti dalla presenza del corso d’acqua. Anche questi elementi storici concorrono a costituire le basi per le quali il Consorzio ed i Comuni aderenti hanno sentito la necessità di definire la proposta per un CdF del Medio Nera.
Comune di Cascia
La presenza umana a Cascia e nel suo territorio è da far risalire all’epoca preromana, le prime popolazioni locali seguivano pratiche inceneratrici e poi inumatrici. Consistenti e numerosi ritrovamenti archeologici si sono susseguiti nel tempo in maniera casuale, al contrario un’importante campagna di scavo è stata effettuata dal 1912 presso l’altopiano di Chiavano per lo scavo del tempio italico-romano di Villa San Silvestro datato al III a.C.. Esso è dedicato ad Ercole ed in occasione dell’ultima campagna di scavo archeologica condotta nel 2009, è stata allestita una mostra presso il museo cittadino di Palazzo Santi, nella quale sono statati presentati i risultati delle indagini condotte dagli archeologi dell’Università di Perugia.
La romanizzazione del territorio è avvenuta proprio durante il III a.C. ad opera del console Manio Curio Dentato. Alla dominazione romana si avvicenda quella longobarda. Per ragioni militari tra VIII-IX secolo si assiste ad un’importante modifica del tessuto architettonico: Cascia assume le forme attuali di castello di pendio.
Nel X secolo Cascia viene posta sotto il diretto controllo dei papi, che la governano attraverso il Capitolo di San Pietro, ciò fino all’inizio del ‘400, quando la città passa sotto il governo del Ducato di Spoleto.
La data del 1198 segna la nascita del Libero Comune di Cascia.
Nel XVI secolo l’autonomia del Comune si rafforza a tal punto che papa Leone X per limitarla demolisce l’antica rocca cittadina, revoca il privilegio della nomina del podestà e sottopone la città al controllo di un governatore di nomina pontificia.
Tra la fine del ‘500 e l’inizio del ‘700 la comunità casciana che viveva prospera grazie alla fiorente economia anche di natura commerciale, attraversa una fase di declino causata da rovinosi eventi sismici.
Testimonianze della sua antica floridezza economica e sociale sono i numerosi edifici civili (come il già citato Palazzo Santi, Palazzo Carli, Palazzo dei Consoli e Palazzo del Podestà) e religiosi, questi ultimi di grande valenza storico-artistica. Risalendo il centro storico di Cascia si incontrano la Chiesa di S. Antonio – oggi secondo polo museale cittadino, decorata da notevoli affreschi gotici; la collegiata di S. Maria, la cui dotazione interna è molto ricca sia di dipinti che di arredi sacri; la chiesa di S. Francesco, dall’imponente struttura architettonica, le cui pareti interne conservano ancora oggi interessanti affreschi e tele dell’originario apparato decorativo, come l’opera del Circignani, meglio noto come il Pomarancio; la chiesa di S. Agostino, eretta sull’omonimo colle, in cui oggi sono ravvisabili solo tracce di affreschi dei secoli XV-XVI.
In epoca contemporanea, la città di Cascia deve la sua fama alla più illustre concittadina: Margherita Lotti nata a Roccaporena di Cascia, meglio nota come Rita da Cascia, la quale proprio nel 1900 viene santificata dopo un lungo processo di canonizzazione. Alla Santa è intitolata la monumentale Basilica consacrata nel 1947: questa al suo interno conserva opere pittoriche e scultoree realizzate da artisti contemporanei di grande fama, come lo scultore Giacomo Manzù. Annesso alla basilica vi è l’antico monastero dove la Santa è vissuta fino al 1457. Al tema de La Devozione – pellegrinaggio e culto popolare è inoltre dedicata l’Antenna casciana dell’Ecomuseo della Dorsale Appenninica.
Tra gli edifici di pregio che si dislocano presso il territorio casciano ed in particolare lungo il fondovalle del fiume Corno, i quali sono stati interessati nel passato dalla esondazione del corso d’acqua, si menzionano: la chiesa di Santa Maria delle Grazie a Roccaporena, edificio a pianta rettangolare, con ingresso ad arco a tutto sesto; superato poi il tratto Roccaporena-Cascia, presso il quale il corso d’acqua attraversa principalmente aree agricole e boscose fino a raggiungere l’area extra urbana di Cascia, il fiume giunge in località S. Anatolia, in cui insiste l’omonima chiesa di Sant’Anatolia, caratterizzata da un campanile a vela. L ‘edificio è stato ripristinato all’inizio del ‘900 dopo una grave alluvione.
In base al sistema informativo sulle catastrofi idrogeologiche (SICI) elaborato dal CNR, tra l’860 ed il 2001 il Comune di Cascia è stato interessato da 15 inondazioni.
Si riportano i seguenti dati riferiti da alcune di esse.
Nel dicembre del 1958 nell’area compresa tra Cascia, Ferentillo e la zona a nord dell’abitato di Collestatte si è verificata una rottura degli argini dei fiumi Corno e Nera, con conseguenti gravi danni all’agricoltura ed alle vie di comunicazione.
Nel dicembre del 1968 si è registrata una rottura degli argini del fiume, con conseguenti danni ai beni rurali, civili ed alle infrastrutture viarie.
Nel dicembre del 1982 i fiumi Corno e Nera, a causa di condizioni climatiche particolari, sono tracimati, causando gravi danni anche agli edifici.
Nel 1995 vengono interessate le località di Cascia – Borgo Cerreto dalla tracimazione del fiume Corno, a causa del blocco della paratia dell’invaso ENEL atto ad alimentare la centrale idroelettrica di Triponzo, si era nel mese di novembre.
Nel 1996, un evento meteoclimatico eccezionale verificatosi nel mese di novembre e prolungatosi per 5 giorni, interessa anche l’area Cascia-Roccaporena.
Nel 1999 una importante piena del fiume, prolungatasi per tre giorni, ha provocato gravi danni alle strade, agli edifici, la portata dell’evento è stata paragonata a quella degli anni ’50.
Comune di Cerreto di Spoleto
Il toponimo Cerreto si pensa derivi dal latino Cerrus (quercus cerri), con riferimento ai boschi di cerro che interessavano la zona.
Il primo insediamento risale probabilmente al III a. C., periodo in cui avviene la romanizzazione del territorio ad opera del console M. Curio Dentato. Nell’età tardo imperiale si diffonde la religione cristiana. Tra i primi insediamenti monastici diffusi nel territorio si ricorda il Monastero di S. Benedicti in Faucibus o in Vallibus, oggi noto col nome di Eremo della Madonna della Stella, recentemente restaurato, presso cui sono ancora oggi visibili affreschi afferenti al XIV secolo.
Dalle fonti storiche e toponomastiche sappiamo che già in epoca romana il territorio cerretano era noto per la presenza delle acque termali, ancora oggi apprezzate, della località di Triponzo. Non lontano dall’area termale, sono ancora oggi visibili un importantissimo documento epigrafico romano, un’iscrizione realizzata a memoria della costruzione della via che congiungeva Spoletium a Nursia ed una semigalleria scavata nella roccia per superare il fiume Corno di epoca pre-romana sita in località Balza Tagliata in destra idrografica del fiume.
In epoca longobarda, Cerreto viene inglobato nei domini longobardi sottoposti al controllo del Gastaldato di Ponte.
Cerreto ha sempre rappresentato una località strategica data la sua posizione: si trova infatti all’incrocio di importanti assi viari, quello per la valle del Vigi, quello della valle del Nera (direzione Visso a nord e terni a sud), quello della valle del Corno e quello della valle del Tissino (che conduce fino a Monteleone di Spoleto e l’altopiano di Leonessa).
Interessante testimonianza della valenza strategica della sua localizzazione è la presenza delle numerose torri di avvistamento ancora oggi riscontrabili nel territorio.
Nel XII secolo si sottrae al gastaldato longobardo di Ponte e diventa Libero Comune sotto la protezione della Chiesa, vista la sua posizione strategica.
Nel XIII secolo Cerreto stringe alleanza con Spoleto per contrastare l’egemonia di Norcia. Per tutto il secolo successivo continuano le lotte fra i due Comuni egemoni nel territorio – Spoleto e Norcia – che si contendevano il controllo del castello cerretano.
Con la fine del XV secolo e l’inizio del XVI si assiste ad una progressiva pacificazione generale, che consente anche un miglior sviluppo socio-economico del Comune. Una delle conseguenze di questa importante distensione politico-sociale è l’edificazione di numerosi palazzi gentilizi.
Il tessuto urbano cittadino presenta ancora oggi le fattezze del tipico castello – strade parallele che seguono il pendio del poggio, raccordate da stradine o scale perpendicolari alle prime. Sulla sommità del pendio sorgeva la rocca di cui oggi rimane solamente una torre, che funge da torre campanaria.
Dell’antica cinta muraria rimangono solo poche tracce e due porte: quella nei pressi della ex-chiesa e convento di San Giacomo, che conserva al suo interno ancora oggi affreschi del XV sec. e tele del XVII sec., e quella prossima alla chiesa di S. Maria Delibera o del Soccorso, situata presso le mura cittadine, il cui torrione cilindrico funge da abside della chiesa, al suo interno affreschi datati tra il XV e XIX sc.. Il primo edificio è oggi sede del CEDRAV (Centro per la Documentazione e la Ricerca Antropologica in Valnerina), cui è legata l’Antenna dell’Ecomuseo del Ciarlatano, allestito preso la ex-chiesa di San Nicola. Il museo è dedicato a questa figura storica originaria proprio di Cerreto e che vagava per le città praticando presunte arti mediche al fine di questuare.
Altro notevole monumento cittadino frutto della ritrovata stabilità socio-politica del ‘500 è la parrocchiale di S. Maria Annunziata, che ancora oggi conserva opere del XV sec. (fra cui una di Felice Damiani) ed altre dei secc. XVI e XVIII.
Col finire del ‘500 si assiste all’istituzione della Prefettura della Montagna con sede a Norcia e con giurisdizione anche su Cerreto di Spoleto. Anche il ‘600 rappresentò un periodo positivo dal punto di vista politico-sociale, tale tranquillità venne però meno durante il secolo successivo a causa di rovinosi eventi sismici, la gran parte della popolazione superstite si trasferì altrove (soprattutto a Spoleto e Roma). Segue la sottomissione ai francesi (1798-99), ma con la prima restaurazione, Cerreto torna nell’orbita pontificia. Con la nascita dell’impero francese anche il territorio cerretano torna nuovamente sotto il controllo straniero, fino al 1814, per poi essere nuovamente sostituito dallo Stato Pontificio, fino all’annessione di questa zona dell’Umbria al costituendo Regno d’Italia.
Segue l’elenco dei beni dislocati presso il fondovalle del fiume Nera, comprensivo di breve descrizione. In località Bagni di Triponzo si segnala il moderno stabilimento termale che si presume realizzato dove esistevano le antiche terme note sin dall’epoca romana (erano infatti già note le proprietà curative delle acque di Triponzo, vedasi anche la toponomastica “Bagni di Triponzo”).
In località Borgo Cerreto insiste, superato il ponte che attraversa il fiume Nera, la chiesa e l’annesso edificio conventuale di San Lorenzo, si ritiene costruita nel luogo in cui esisteva un altro edificio religioso intitolato a San Basso, in questo luogo sono state inoltre rinvenute strutture romane sottostanti la chiesa e la frequentazione di questa area a fini religiosi è testimoniata da rinvenimenti archeologici afferenti ad una antica presunta area di culto. Nel fondovalle esiste inoltre il tracciato della ex-ferrovia Spoleto-Norcia, oggi adibito per buona parte a percorso ciclabile.
Nei pressi di Borgo Cerreto in direzione Valle del Vigi, è stato individuato il punto di attraversamento della antica Via Nursina sul Vigi con probabile presenza di una struttura romana.
Nel fondovalle del torrente Tissino, presso la frazione di Ponte, si individua la chiesa di San Giuliano, sorta lungo l’antica via casciana, al suo interno sono conservati brani di affreschi trecenteschi. Alla confluenza del Tissino nel Nera, il torrente incontra il tracciato della ex-ferrovia Spoleto-Norcia.
In base al sistema informativo sulle catastrofi idrogeologiche (SICI) elaborato dal CNR, tra l’860 ed il 2001 il Comune di Cerreto di Spoleto è stato interessato da 40 eventi di piena. Di seguito si riportano alcuni dati a queste riferiti.
Nel dicembre del 1923 un evento meteoclimatico prolungatosi per sette giorni, ha interessato molti corsi d’acqua dell’Umbria, fra cui il fiume Nera che è tracimato andando ad interessare anche la ferrovia Spoleto-Norcia.
Nel dicembre del 1927 il fiume Nera è fuoriuscito dagli argini causando gravi danni agli edifici civili della località Borgo Cerreto.
Nel settembre del 1936, a seguito di un sovralluvionamento, il fiume è tracimato interessando la località di Borgo Cerreto. Si registrarono gravi danni al centro abitato ed una vittima.
Nel dicembre del 1937 a causa di un evento meteoclimatico si è verificato un sovralluvionamento e rottura degli argini in località Borgo Cerreto. Le abitazioni della zona vengono invase da due metri di acqua, con danni anche alle vie di comunicazione, compresa la ferrovia Spoleto-Norcia. Ad essere colpita non fu solo la Valnerina ma anche altre aree dell’Umbria, nel complesso si registrarono trenta sfollati, un ferito ed una persona deceduta.
Nel febbraio del 1951 il fiume Vigi è straripato in località Borgo Cerreto, prima della confluenza con il fiume Nera. L’evento si è protratto per due giorni, provocando anche danni lievi agli edifici civili. Nel marzo dello stesso anno, il fiume Nera in località Borgo Cerreto è tracimato provocando lievi danni agli edifici civili ed alle vie di comunicazione.
Nel dicembre del 1952 ad essere interessati dalla rottura degli argini a causa di un evento meteoclimatico sono i fiumi Corno e Nera. La tracimazione del Nera ha causato gravi danni alla ferrovia Spoleto-Norcia (soprattutto nei pressi della stretta di Biselli).
Nel febbraio del 1963 il Nera è tracimato andando ad invadere le aree agricole limitrofe.
Nel settembre del 1965, in Località Triponzo (a nord dell’abitato) il fiume Nera ha rotto gli argini, provocando danni anche alle vie di comunicazione.
A dicembre del 1968, in località Triponzo, si è registrata la tracimazione del fiume Nera, con conseguenti danni alla viabilità provinciale.
Nel dicembre del 1981 i fiumi Vigi e Nera sono fuoriusciti dagli argini, provocando danni ad edifici civili ed industriali, nonché a parte della viabilità comunale.
A dicembre del 1995 il fiume Corno è tracimato nei pressi di Biselli, poiché si era bloccata la paratia dell’invaso l’ENEL per rifornire di acqua la centrale idroelettrica di Triponzo.
Nel novembre del 1996 si è registrata un sovralluvionamento del Nera in località Borgo Cerreto, l’evento si è protratto per cinque giorni, provocando lievi danni alla viabilità ed agli edifici civili.
Comune di Monteleone di Spoleto
La presenza umana a Monteleone di Spoleto si registra sin a partire dai tempi delle prime popolazioni italiche, le cui testimonianze (soprattutto necropoli protovillanoviane, sabine ed umbre) sono emerse nel corso dei secoli e attraverso rinvenimenti casuali e mediante studi archeologici mirati. Il ritrovamento forse più noto anche per tutta la Valnerina, è quello presso il Colle del Capitano, in cui è emersa una necropoli con 44 tombe a pozzetto, nelle quali furono trovate urne cinerarie contenenti, oltre alle ceneri dei defunti, monili di diversa natura. E nel 1902 sempre presso la stessa località è stata rinvenuta la celebre biga la cui decorazione è probabilmente opera di un artista greco-ionico immigrato in Etruria.
Un maggior numero di testimonianze di epoca romana si riscontrano a Trivio (anticamente detto Trebia o Trebula). La chiesa di Sant’Erasmo ad esempio è costruita sui ruderi di un tempio pagano al cui esterno si ergeva una statua marmorea romana.
Durante la dominazione romana Monteleone ed il territorio circostante dipendevano, probabilmente, dal Municipium Interamna Nahartium che comprendeva tutta la Valnerina.
Al crollo dell’Impero Romano, lungo il territorio nascono luoghi fortificati e castelli, in cui trovavano rifugio dalle scorrerie gli abitanti autoctoni. In seguito alle invasioni longobarde, nei pressi di Trebula, sorse una curtis longobarda ed anche Monteleone viene sottoposto all’autorità longobarda.
Si è soliti individuare nell’880 la data di fondazione di Monteleone – allora castello di Brufa – distrutto e poi ricostruito nel 1100 da Attone II, la cui famiglia strinse un accordo con Spoleto per il libero passaggio sulle terre monteleonesi.
Nel XIII sec. l’alleanza tra Monteleone e Spoleto si rafforza. In questo periodo Monteleone fu dotata di una seconda cerchia di mura su cui si aprivano tre porte.
Monteleone divenne libero Comune nel 1326, grazie al supporto dello Stato Pontificio che libera la città dal controllo di Spoleto per porlo sotto la sua diretta influenza. Successivamente però Monteleone tornò ad essere sottoposto all’autorità spoletina.
A questo secolo fanno riferimento la chiesa di S. Gilberto, fondata nel 1365, ma pesantemente rimaneggiata nel ‘700; la chiesa di S. Nicola – protettore della città – le cui prime notizie documentate risalgono al 1310, anche se l’edificio deve aver avuto fondazione più antica. Fortemente danneggiata del terremoto del 1703, e nuovamente ricostruita in quel secolo, la decorazione interna si riferisce allo stesso periodo. L’attuale chiesa di S. Francesco, fondata sulle strutture di una precedente costruzione benedettina, risale al XIV sec. divisa in due edifici, uno sovrapposto all’altro, conserva al suo interno nella chiesa superiore brani di affreschi del XIV sec., la chiesa inferiore – dedicata a S. Antonio Abate – è ricca di affreschi del XV secolo. Presso i locali dell’ex-convento è esposta una copia della biga rinvenuta all’inizio del ‘900, il cui originale si trova a New York.
A protezione del borgo si costruì la terza cerchia di mura, con sei torri e otto baluardi.
Il XV sec. si caratterizza per lo scontro fra Guelfi e Ghibellini, i primi prevalgono sui secondi e viene ribadita la sottomissione della città alla guelfa Spoleto.
Nel ‘500 Monteleone era in forte contrasto con la vicina Leonessa, ottenne successivamente dal papa il permesso a ricostruire la rocca cittadina.
Monteleone cercò la sua completa autonomia, ribellandosi a Spoleto ed allontanando il Podestà che gli era stato imposto, cui ne venne sostituito uno eletto presso il palazzo comunale.
A questo secolo risale anche la Piazza del Mercato, in cui sono ancora oggi visibili le misure (il quarto, la mezzenga e lo scorso) in pietra.
A metà del ‘500 si ricorda una forte repressione da parte del Comune di Spoleto e con l’intervento del pontefice, Monteleone viene definitivamente liberato dal dominio spoletino. Successivamente la città viene sottoposta al controllo della Legazione di Perugia. Poiché nei pressi di Monteleone corre il confine tra il Regno di Napoli e lo Stato Pontificio, la città divenne sede di presidio militare permanente.
Nel 1569 anche Monteleone viene inglobato nella istituenda Prefettura della Montagna con sede a Norcia.
Nel corso del ‘600, grazie alla mediazione a Roma promossa dal Cardinale Fausto Poli di Usigni, viene favorito lo sfruttamento delle miniere di ferro del Monte Birbone, con conseguente sviluppo economico del territorio, a tale scopo è costruito l’asse viario che collegava Monteleone alla Via Flaminia. Memoria di questa florida fase è ancora oggi la presenza di numerosi palazzi gentilizi.
Tale crescita economica venne bloccata dai devastanti terremoti del ‘700 e la peste del 1718.
Anche Monteleone vive poi l’alternanza tra governo pontificio e dominio francese, fino alla caduta dell’impero francese, quando Monteleone torna alla delegazione di Spoleto, cui successivamente si sostituì la dipendenza dal Governatore di Cascia.
Monteleone entra a far parte del costituendo Regno d’Italia nel novembre del 1860.
Presso il fondovalle del fiume Corno si trova la chiesa di S. Maria de Equo, edificio romanico costruito su di una preesistente chiesa, presso l’abside della chiesa sono individuabili pietre di riutilizzo di epoca romana. Sempre nello stesso fondovalle insistono le chiese di: Dell’Addolorata, edificio la cui facciata è stata ristrutturata nel XX secolo, all’interno sono conservate tele ed altari del XVIII secolo; Sant’Antonio da Padova, edificio molto semplice, al suo interno si trovano un altare ed una tela del XVIII secolo; S. Lucia, che apparteneva alla famiglia De Rubeis di Monteleone, sulla facciata insiste ancora uno stemma.
In base al sistema informativo sulle catastrofi idrogeologiche (SICI) elaborato dal CNR, tra l’860 ed il 2001 il Comune di Monteleone di Spoleto è stato interessato dai seguenti eventi.
Nel dicembre del 1959 il fiume Corno rompe gli argini a causa di un evento meteoclimatico, a seguito dello stesso ci furono lievi danni agli edifici civili ed all’agricoltura. Contestualmente si verifica una piena in corrispondenza del fosso Vorga, con danni ai terreni agricoli.
Comune di Norcia
L’antico nome della città di Norcia è Nursia, sorta al centro di un’area ricca di testimonianze archeologiche (le prime risalgono al paleolitico medio). Fu importante centro strategico sabino, il nucleo più antico della città viene identificato con la parte più alta dell’odierno abitato, la cosiddetta Capo la Terra. Testimonianza eccellente di questo periodo è la necropoli sabino-romana scoperta in occasione dei lavori di ampliamento del caseificio Grifo Latte (2012). Tale necropoli copre un arco cronologico che va dal VII sec. a.C. fino al IV sec. d.C., arrivando dunque fino all’epoca romana. L’assoggettamento di Norcia a Roma avvenne, infatti, intorno al III secolo a.C..
All’epoca romana risalgono numerosi reperti archeologici, molti dei quali esposti nei locali del museo civico cittadino, nonché strutture architettoniche come il Criptoportico di Porta Ascolana risalente al I sec. a.C.: si tratta di un complesso sotterraneo che garantiva un accesso coperto all’area forense nursina. Si fanno tradizionalmente risalire al periodo romano le mura cittadine, con il tipico andamento a forma di cuore, le quali nel corso dei secoli sono state più volte rimaneggiate.
L’evangelizzazione dell’area avvenne intorno al III secolo, tanto che già verso il 300 Norcia fu sede di diocesi. Nel 480 nascono a Norcia i Santi (gemelli) Benedetto e Scolastica. La tradizione riferisce che i due fratelli siano nati nel luogo oggi conosciuto come la Cripta della Basilica di San Benedetto. L’edificio religioso, con pianta a croce latina, si erge su di una struttura di epoca romana, che tradizionalmente viene indicata come la Casa Natale del Santo.
Con l’affermazione dei Longobardi del ducato di Spoleto, Norcia viene sottomessa al controllo di quest’ultimo (572) ed assoggettata al Gastaldato di Ponte.
Dopo il difficile periodo di dominazione straniera, si costituisce in libero Comune nel XIII secolo ed in quello successivo il Comune si consolida tanto da assumere una posizione eminente in Valnerina. Testimonianza di questo periodo sono il Palazzo Comunale, emblema dell’autonomia cittadina e che affaccia su Piazza S. Benedetto quasi in contrapposizione con i due edifici di culto presenti nella stessa piazza (le chiese di S. Maria Argentea e di S. Benedetto).
Il Comune si rafforza, acquisendo sempre più autonomia, scontrandosi spesso con i castelli limitrofi e con le autorità pontificie, tanto che alla fine del ‘400 passò sotto il controllo della Legazione Pontificia di Perugia. Emblema di questa momento della vita nursina è la realizzazione della Castellina, progettata da Jacopo Barozzi da Vignola (1554), pensata come residenza fortificata dei governatori apostolici e successivamente per il Prefetto della Montagna. L’edificazione della fortezza comporta la ricostruzione della cattedrale cittadina, la Chiesa di S. Maria Argentea, in principio insistente dove fu poi realizzata la Castellina.
Il XVII secolo è stato un periodo molto florido per la città: il rafforzamento dell’economia locale permette lo sviluppo di diversi settori della società nursina, tra cui quello culturale, che porta all’edificazione anche del Teatro cittadino.
Il XVIII secolo è stato segnato al contrario da due eventi naturali catastrofici, i terremoti del 1703 e del 1730, che hanno segnato l’inizio del declino della città.
Dal 1809 Norcia è inclusa nei territori dell’impero francese, cui si sostituisce presto il governo pontificio. Anche il XIX secolo è segnato da un altro violento terremoto (1859).
Dopo l’Unità d’Italia vive un periodo di crescita, i cui effetti sono ancora oggi visibili nel nuovo assetto artistico-architettonico del centro cittadino. Per citare alcuni interventi si ricordano la realizzazione del Corso Sertorio, l’installazione al centro della piazza principale del monumento dedicato a San Benedetto (eseguito dal Prinzi), la ristrutturazione di Porta Romana.
A seguito del recente sisma del 2016 è comparso nuovamente il corso d’acqua Torbidone, il quale durante il suo percorso interessa, oltre all’ampliata zona industriale nursina, anche la ex-stazione ferroviaria nonché il tracciato della ex-ferrovia Spoleto-Norcia inaugurata nel 1926. Essa è considerata uno dei migliori esempi di tracciato ferroviario montano, venne chiusa definitivamente nel 1968. Il Torbidone raggiunge poi la zona delle Marcite dove si trovano gli antichi mulini che venivano utilizzati per la produzione di farine e la chiesa nota come la Madonna di Cascia, così denominata poiché realizzata per sancire la pace conclusasi nel XV secolo tra i due rivali Comuni. In quest’area inoltre sono stati rinvenuti nel tempo vari reperti archeologici.
Nei pressi del torrente Pescia, presso la frazione di sant’Andrea, si trova la chiesa dedicata allo stesso Santo (Andrea), con piccolo campanile a vela (di restauro), al suo interno sono conservati affreschi del XV secolo.
Lungo il fondovalle del fiume Sordo, in località Casali di Serravalle, si trova la Chiesa della Madonna delle Grazie, è una cappella di transito, di origine cinquecentesca, al suo interno sono conservati affreschi votivi del XVII-XVIII secolo. Nei pressi del fiume insiste anche il tracciato della già citata ex-ferrovia Spoleto-Norcia.
Il nucleo antico del Castello di Serravalle è addossato al monte Pennacchia, mentre l’area più moderna si è sviluppata proprio nel fondovalle del fiume Corno, dove insiste, oltre ad un gruppetto di abitazioni, anche la chiesa di San Pietro, che è stata eretta proprio alla confluenza dei fiumi Corno e Sordo. La chiesa, di forme ottocentesche, è composta da più corpi (canonica, cappella e battistero). Più oltre in corrispondenza della stretta di Biselli si trova un antico ponte ritenuto di epoca romana che consentiva l’attraversamento del Corno.
In base al sistema informativo sulle catastrofi idrogeologiche (SICI) elaborato dal CNR, tra l’860 ed il 2001 il Comune di Norcia è stato interessato da alcune inondazioni.
Nel dicembre del 1952 la località di Biselli viene interessata da una tracimazione del fiume Corno, con rottura degli argini: si registrarono gravi danni alla linea ferroviaria Spoleto-Norcia in particolare presso le stretta di Biselli. Nel dicembre del 1995, a causa del blocco della paratia dell’invaso ENEL utilizzato per alimentare la centrale idroelettrica di Triponzo, il fiume Corno tracima nei pressi di Biselli. Per tanto ad un evento meteoclimatico segue come evento secondario un sovralluvionamento. Conseguirono danni in particolare alle infrastrutture.
Comune di Poggiodomo
Poggiodomo è ubicato nell’alta valle del Tissino ed è sovrastato dai monti Carpenale e Coscerno. Il toponimo deriva dal latino Podium, podio, pedana e Domo, ovvero mettere a coltura.
Fin dall’epoca protostorica si attestano nel territorio di Poggiodomo insediamenti umani. Presso la sommità dei monti Maggio, Coscerno e Castello sono state individuate tracce di castellieri.
Il territorio di Poggiodomo in epoca preromana fu luogo di contatto tra Umbri e Sabini.
La romanizzazione del territorio si ha nel III sec. a.C. ad opera di M. Curio Dentato, che unificò le due culture. Reperti fittili, monete e fibule sono stati rinvenuti nei pressi del cimitero di Poggiodomo, in località Forchetta di Usigni ed in località la Rua.
Successivamente, le sorti di Poggiodomo sono legate al Comune di Spoleto, una prima citazione di Poggiodomo in correlazione al Comune di Spoleto nella documentazione archivistica si attesta già al 1233. Nel 1380 Poggiodomo entra a far parte dei possedimenti del Comune di Cascia. A questo secolo risale la chiesa sita all’ingresso del paese, la Chiesa di S. Pietro, contenente al suo interno affreschi risalenti al periodo compreso tra XVI-XVIII sec.
Delle antiche mura castellane, su cui si aprivano tre porte, rimane ben poco.
L’area di Poggiodomo è stata da sempre interessata da un intenso proliferare di celle monastiche e piccole chiese, il più celebre complesso monastico è sicuramente il Monastero di S. Benedicti in Faucibus o in Vallibus, oggi noto col nome di Eremo della Madonna della Stella e posto appena al di là del confine comunale di Cerreto di Spoleto, recentemente restaurato, presso cui sono ancora oggi visibili affreschi afferenti al XIV secolo.
Risale al XVI secolo lo Statuto di Poggiodomo, in cui si riconosceva nuovamente l’autorità di Spoleto. Il ‘500 è segnato però anche da un violento evento sismico, cui seguì lo sviluppo di Poggiodomo a monte dell’antico castello.
Il secolo successivo vede affermarsi a Roma il cardinale Fausto Poli, nativo di Usigni, il quale si adoperò per lo sviluppo non solo del suo paese natìo ma anche per il suo territorio in genere. Ad esempio ad Usigni si fece edificare un palazzo residenziale (oggi ampiamente rimaneggiato), promosse la ricostruzione della chiesa di San Salvatore (il cui progetto tradizionalmente viene attribuito al Bernini) incaricando Salvi Castellucci della decorazione ad affresco e commissionò inoltre una cisterna, adornata del suo stemma.
Sempre grazie a Fausto Poli giunge a conclusione il processo di beatificazione di Rita da Cascia, il cardinale favorisce inoltre lo sviluppo delle miniere di Monteleone di Spoleto.
Al XVII secolo risale anche la chiesa intitolata a S. Carlo Borromeo, con al suo interno tutto l’annesso apparato pittorico (su tavola e tela) a decorazione degli altari dei secoli XVII e XVIII.
Durante l’impero Napoleonico, Poggiodomo fu distaccato da Cascia e ne fu riconosciuta la sua autonomia.
Con l’Unità d’Italia viene mantenuta l’organizzazione amministrativa comunale di Poggiodomo.
Nel Comune di Poggiodomo non si rilevano Beni di interesse culturale siti in località potenzialmente inondabili.
In base al sistema informativo sulle catastrofi idrogeologiche (SICI) elaborato dal CNR, tra l’860 ed il 2001 il Comune di Poggiodomo non è mai stato interessato da eventi.
Comune di Preci
Preci è un castello di pendio risalente al secolo XIII, si trova lungo la valle Campiana o Castoriana, posto alla confluenza dell’antico percorso per Visso e la Valle Oblita, quindi in posizione strategica. Nelle vicinanze sorge l’abbazia di Sant’Eutizio, che era a capo di un potente e ricco feudo. Preci era uno dei centri sottoposti all’autorità feudale eutiziana, prima di essere inglobato fra i possedimenti del Comune di Norcia.
L’origine del nome Preci è incerta, secondo alcune teorie esso deriverebbe da praeceps ossia luogo a precipizio, secondo altre da preces ossia preghiera.
La presenza di insediamenti umani risale all’epoca preromana, di cui sono testimonianza tre asce di bronzo ed una spada conservate nel Museo Nazionale Archeologico di Perugia. La romanizzazione dell’area – di origine sabina – avvenne nel III sec. a.C.
Il fulcro del territorio preciano è l’Abbazia di S. Eutizio, la cui fondazione viene collocata al V sec. ad opera dei monaci di origine siriana Spes ed Eutizio. I monaci inizialmente abitavano le grotte naturali tutt’ora esistenti nei pressi del complesso monastico. Col passare del tempo il cenobio divenne un florido e potente monastero, organizzato secondo la Regola Benedettina.
Durante la dominazione Longobarda nel centro Italia, Preci faceva parte del Gastaldato di Ponte, legato al Ducato di Spoleto. Nel XIII sec. la chiesa affida il Ducato – e quindi anche Preci – all’autorità di rettori di nomina pontificia.
Con l’affermazione del Comune di Norcia, Preci venne inglobato nei possedimenti del nursino. Preci spesso si è trovato coinvolto nelle lotte tra l’autorità pontificia, il Comune di Norcia, nonché con potenti famiglie. Distrutto da Norcia nel 1528, venne poi riedificato con le eleganti forme architettoniche attuali, che hanno però cancellato la gran parte delle tracce del più antico tessuto urbano. La chiesa principale del castello, la Pieve di S. Maria, presenta elementi che architettonico-decorativi che risalgono al XIII sec.
Il XVI sec. rappresenta un periodo di grande sviluppo per Preci e di affermazione della Scuola Chirurgica Preciana, che presumibilmente deve la sua origine proprio alla già citata Abbazia di S. Eutizio. Testimonianza di questo periodo sono i numerosi palazzetti nobiliari del centro storico, come il Palazzo Scacchi (oggi completamente rimaneggiato). Il museo della scuola chirurgica preciana (antenna dell’ecomuseo della Valnerina) allestito nella ex-chiesa di S. Caterina (di origine trecentesca e rimaneggiata nel ‘500), ne ripercorre lo sviluppo e ne illustra le principali specializzazioni mediche.
La fine del XVI secolo è segnata da un forte sisma, fenomeno questo che si verifica anche il XVIII secolo (nel 1703 e nel 1730), segnando negativamente la storia del castello.
Preci diventa Comune nel 1817 e mantiene la sua autonomia sia durante la formazione del Regno d’Italia sia fino ai giorni nostri.
Tra gli edifici storici o di interesse culturale che si dislocano nel territorio preciano ed in particolare lungo il fondovalle del fiume Campiano si menzionano: in località Borgo Preci la chiesa della Madonna della Peschiera, edificio del XIII secolo, così denominato per l’antica peschiera (XVII sec.) ubicata nei pressi della costruzione sacra, vicino all’abside insiste una sorgente, le cui acque venivano usate per alimentare le vasche utili all’allevamento delle trote. Sempre in località Borgo Preci si trova l’antico Mulino ad acqua, oggi completamente ristrutturato ed adibito ad info-point del Parco Nazionale dei Monti Sibillini; la ex-Chiesa dei Santi Silvestro e Gaetano, trasformata in edificio privato, sull’architrave del portale si legge una dedica a Carlo Antonio Mensurati (1696).
Fra gli altri corsi d’acqua che ricadono all’interno dei confini amministrativi del Comune di Preci il corpo idrico del fosso di Valle attraversa la frazione di Piedivalle, antica Villa sorta attorno all’Abbazia di S. Eutizio, andando a lambire gran parte delle abitazioni di questo centro storico, prima di immettersi nel fiume Campiano. A Piedivalle si segnala inoltre nei pressi del fiume Campiano la presenza della Chiesa della Madonna del Ponte, edificio del XVII secolo, la cui ricorrenza cade nel periodo di Ferragosto.
Lungo l’alveo del fiume Nera, in località San Lazzaro è presente l’antico lebbrosario di San Lazzaro al Valloncello costituito da una chiesa e ed alcuni locali dell’originario annesso ospedale, risalenti al XIII sec.
Al momento della stesura del presente paragrafo (dicembre 2019), il sistema informativo sulle catastrofi idrogeologiche (SICI) elaborato dal CNR non fornisce informazioni riguardo agli eventi di piena che nel periodo compreso tra l’860 ed il 2001 hanno colpito il Comune di Preci.
Comune di Sant’Anatolia di Narco
Il toponimo dovrebbe derivare dall’antica forma del nome Nera, ovvero Nar, da cui deriva quello delle antiche popolazioni sabine che qui si insediarono, cioè i Naharci. A questa popolazione fa riferimento la necropoli rinvenuta alla fine del XIX sec. presso voc. Il Piano (i reperti datati tra VIII e IV sec. a.C. sono oggi esposti a Firenze).
Del periodo romano abbiamo poche tracce, se non quelle oggi visibili nel campanile della chiesa di S. Maria delle Grazie, ovvero due epigrafi. Allora Sant’Anatolia era organizzata in vicus. La cristianizzazione è collocabile al V secolo.
Sant’Anatolia dipese dal Municipium di Interamna (ossia Terni).
Nell’VIII sec. con la dominazione longobarda il territorio fu organizzato in curtis, fondato poi il castello di Naharco, esso venne consegnato alla chiesa nel XII sec. Tale castello fu distrutto dagli spoletini, che ne eressero un altro chiamandolo Santa Anatolia.
Il castello è stato lungamente sottoposto all’autorità spoletina, ma durante i contrasti tra guelfi e ghibellini, Spoleto – guelfa – esigeva la sudditanza dei castelli della Valnerina, fra cui Sant’Anatolia, i quali si erano uniti in federazione e si opponevano alla richiesta spoletina. La lite fu poi ricomposta a Montefalco presso la curia ducale. Per tutto il XIV sec. perdura la sudditanza di Sant’Anatolia alla città di Spoleto. In questo secolo vennero riedificate anche le mura castellane e risale a questo periodo anche la parrocchiale intitolata a Sant’Anatolia di Narco, all’interno sono conservati dipinti dei secoli XIV e XV.
Al XV secolo risalgono gli statuti comunali, in parte conservati presso la sezione di Archivio di Stato di Spoleto. Sempre al XV sec. fa riferimento l’affresco conservato nella chiesa di S. Maria delle Grazie, originariamente una semplice cappella fuori dalle mura cittadine, poi trasformata in chiesa ed adornata di ulteriori dipinti murari all’indomani dell’ingrandimento della chiesa.
All’inizio del secolo successivo, continuano le discordie con l’adiacente Comune di Scheggino per motivi di confine. Sant’Anatolia tenta – senza successo – di svincolarsi dal controllo spoletino, ma rimane ad esso sottoposto. A metà del ‘500 rinnova gli statuti comunali, nonostante questo continua ad esistere il legame con Spoleto e la Chiesa fino a tutto il ‘600. Al XVI secolo risale anche l’ex-palazzo comunale, in cui oggi trova luogo l’antenna dell’Ecomuseo della Valnerina dedicata alla canapa, alla sua coltivazione e trasformazione in fibra da tessere. L’esposizione contempla strumenti sia agricoli che per tessere, compresi antichi telai.
Il XVIII secolo è ricordato in particolar modo per i devastanti terremoti (1703 e 1730) che provocarono vittime ed ingenti danni, indebolendo la società.
Con la dominazione francese Sant’Anatolia viene inserita nel secondo cantone spoletino. Con la sconfitta francese la città torna ad essere legata a Spoleto. Con la nascita dell’impero francese subisce nuovamente la dominazione straniera, per poi riconquistare la libertà alla caduta dell’impero.
A metà dell’800 vengono aperte nuove vie di comunicazione verso Terni, Norcia, Visso e Spoleto.
Con la costituzione del Regno d’Italia, le comunità della Valnerina si sarebbero dovute unificare sotto la guida di Scheggino, ma Sant’Anatolia e Vallo preservarono la loro autonomia. Nel 1927 Vallo, Sant’Anatolia e Scheggino furono soppressi ed unificati a Spoleto, ma nel 1929 i tre Comuni furono ripristinati.
Nel fondovalle del fiume Nera insiste, nei pressi di Castel San Felice, l’abbazia dei Santi Felice e Mauro, edificio di antiche origini, si presume il primo insediamento eremitico risalga al V sec., mentre la chiesa viene edificata nel XII secolo, chiaro esempio di romanico umbro, conserva ancora oggi la decorazione scultorea in facciata che narra le gesta dei santi titolari. L’abbazia sorge proprio in corrispondenza del fiume Nera e nei pressi della chiesa si trova una sorgente le cui acque erano ritenute miracolose (in particolar modo per la cura della scabbia nei bambini).
Poco distante dall’abbazia sorge la piccola chiesa di S. Maria di Narco, probabilmente sorta dove esisteva l’antica pieve di S. Maria di Narco.
Nel fondovalle insiste anche il tracciato dell’ex-ferrovia Spoleto-Norcia e la relativa stazione oggi riconvertita in struttura ricettiva.
In base al sistema informativo sulle catastrofi idrogeologiche (SICI) elaborato dal CNR, tra l’860 ed il 2001 il Comune di Sant’Anatolia di Narco è stato interessato dalle seguenti inondazioni.
Nel dicembre del 1952 il fiume Nera è fuoriuscito dagli argini, andando a danneggiare i terreni agricoli provocando danni anche alle vie di comunicazione.
Nell’aprile del 1956 si è registrato un sovralluvionamento che ha interessato il fiume Nera.
Nel dicembre del 1959 a causa di un evento meteoclimatico prolungatosi per tre giorni il fiume Nera ha provocato, esondando, gravi danni ai terreni agricoli ed alle infrastrutture.
Nel novembre del 1961 il fiume Nera ha rotto gli argini. Nel novembre del 1962 si è verificato lo stesso tipo di evento.
Nel febbraio del 1963 il fiume Nera ha invaso i terreni agricoli circostanti.
Nel settembre del 1965 il fiume Nera è fuoriuscito dagli argini provocando danni anche alle vie di comunicazione.
Nel dicembre del 1968 il fiume Nera ha rotto gli argini provocando danni anche alle vie di comunicazione.
Comune di Scheggino
Il toponimo Scheggino deriverebbe da Schiaginum, modificato poi in Schezzino ed ancora (all’inizio del sec. XVIII) in Scheggino.
Data la sua posizione strategica a controllo delle vie dirette a Norcia-Visso, Terni e Spoleto, ha da sempre rappresentato un presidio importante sulla valle del Nera nonché per l’imbocco verso la Valcasana. Ancora oggi sono ben leggibili le forme dell’antico castello medievale, sviluppato lungo il pendio e cinto da mura, dominato in alto da una torre di avvistamento.
Nel III secolo si assiste alla romanizzazione del territorio, alla cui fase si riferiscono alcuni reperti fittili rinvenuti nel territorio ed il podio di un tempio romano sito in località Casa di San Silvestro su cui successivamente è stata edificata l’omonima chiesa. La datazione del tempio non è ancora chiarita.
Durante la dominazione longobarda, Scheggino è ricompreso nei territori controllati da questi.
Già dal XIII secolo Scheggino risulta legato a Spoleto, legame questo che ne provocò l’attacco mosso dai nemici del potente Comune e nel XIV secolo e nel XVI. Superati però i contrasti del ‘500 si apre per Scheggino un periodo favorevole, proprio grazie alla protezione spoletina e che dura fino al ‘700. Nonostante tutto però Scheggino riuscì a conservare una certa autonomia, espressione di ciò sono gli statuti comunali del 1561. All’inizio del XVI secolo sia le mura sia le torri vennero restaurate.
La parte più antica del castello è detta Capolaterra e viene datata al XIII secolo. Al secolo precedente invece afferisce l’originaria chiesa di San Nicola, l’aspetto attuale della chiesa risale però alla seconda metà del XVI secolo. Al suo interno sono conservati dipinti (su tela e su muro) dei secoli XVI e XVII, fra i cui autori vi è Lo Spagna.
Nei secoli successivi il castello è stato ampliato verso valle, tale espansione si concluderà nel XVI secolo con la realizzazione del borgo sorto nei pressi del canale di adduzione per gli opifici.
Durante il secolo XVII invece le torri murarie vennero trasformate in colombaie poiché avevano perso la loro funzione difensiva, al contrario il materiale di costruzione della parte antica del castello venne prelevato per edificare i palazzetti gentilizi che stavano sorgendo nella nuova area del borgo nei pressi del fiume Nera.
Durante il pontificato di Urbano VIII, grazie all’intervento del Cardinale Fausto Poli originario della Valnerina (Usigni), Scheggino vive una nuova fase di sviluppo. Viene infatti realizzata una fonderia per la trasformazione del ferro estratto presso le miniere di Monteleone di Spoleto. Per il trasporto della materia prima viene anche adeguata la strada della Valcasana. Il Poli stesso si fece costruire a Scheggino una sua residenza.
A questo secolo risalgono sia un altro palazzo gentilizio, Palazzo Graziani, residenza edificata a ridosso della prima cerchia di mura e di una delle torri angolari, così come il Palazzo Comunale.
Lungo il fondovalle del fiume Nera sorge la piccola chiesa di San Rocco, cappella di transito tardo rinascimentale, sorta presso l’antica via di collegamento tra Scheggino e Sant’Anatolia, presenta tetto a doppio spiovente sormontato da campaniletto a vela, l’interno completamente rimaneggiato in epoca moderna.
Il fiume attraversa la parte moderna dell’abitato di Scheggino, in cui si segnala la presenza del Museo del Tartufo Urbani, sorto nel 2012 presso i locali del primo stabilimento dell’omonima famiglia in cui si lavorava il tartufo; la parte cinquecentesca del borgo si sviluppa a partire dal fondovalle ed è attraversata dalla cosiddetta “Fiumarella” ovvero un canale di adduzione per alimentare gli opifici.
Non lontano dal borgo cinquecentesco, nei pressi delle fonti di Valcasana, si trovano i resti dell’antica peschiera risalente all’800 utilizzata per l’allevamento di trote ed anguille.
In base al sistema informativo sulle catastrofi idrogeologiche (SICI) elaborato dal CNR, tra l’860 ed il 2001 il Comune di Scheggino è stato interessato da diverse esondazioni.
Si riportano i seguenti dati riferiti da alcune di esse.
Nel dicembre del 1937, a causa di un evento meteoclimatico protrattosi per due giorni, il fiume Nera ha rotto gli argini, provocando gravi danni agli edifici civili, alle vie di comunicazione e lo sfollamento di persone.
Nel dicembre del 1952 il fiume Nera è fuoriuscito dagli argini provocando danni alle vie di comunicazione. Sempre nello stesso periodo (giorno 24) il Nera ha superato gli argini, provocando danni agli insediamenti rurali ed alle vie di comunicazione.
Nel dicembre del 1959, per un evento meteoclimatico protrattosi per tre giorni, il Nera, superando gli argini, ha provocato danni all’agricoltura ed alle vie di comunicazione.
Nel novembre del 1961 si registrano rotture arginali del fiume Nera. Nel novembre del 1962 il fiume Nera ha rotto gli argini.
Nel febbraio del 1963, un evento meteoclimativo ha provocato un sovralluvionamento lungo il Nera, con danni all’agricoltura ed agli edifici.
Nel settembre del 1965 si è riscontrata la rottura degli argini del fiume Nera con danni agli edifici ed alle vie di comunicazione. L’evento si è verificato anche in altre zone dell’Umbria provocando in totale sei vittime.
Nel dicembre del 1966 e del 1968 si è verificata la fuoriuscita delle acque del Nera, con conseguenti danni all’agricoltura. Nel dicembre del 1999 si è verificata una grave esondazione del Nera, protrattasi per tre giorni, paragonata dai testimoni agli eventi dei primi anni ’50, ci furono anche ingenti danni alle via di comunicazione.
Comune di Sellano
Il Comune di Sellano sorge su di un poggio affacciato sulla Valle del Vigi, affluente del fiume Nera. Il toponimo, secondo alcune teorie, deriverebbe da Lucio Cornelio Silla, il quale durante la guerra civile dell’88 contro Caio Mario si sarebbe rifugiato in queste aree, i seguaci di Lucio Cornelio Silla sembra fondarono la città nell’84 a.C, chiamandola appunto con il nome del loro capo.
Un’altra ipotesi sostiene la fondazione di Sellano ad opera di tribù della gens Suilla o dei Syllinates, chiamati così nel I sec. d.C. da Plinio il Vecchio nel suo trattato Historia Naturalis.
Altra tesi è quella che vede il nome Sellano dipendere dalla sua collocazione geografica, ovvero sulla sella del monte, vedasi a tal proposito lo stemma comunale in cui campeggia l’Arcangelo Michele in piedi su di una sella.
Le prime tracce di abitato risalgono all’età romana (si trattava probabilmente di un vicus) nel territorio infatti sono state rinvenute alcune epigrafi che fanno riferimento a quel tipo di organizzazione.
Sellano si trova in un punto strategico di grande importanza poiché esso è al centro di un crocevia che attraverso la valle del Vigi collega la Valnerina a Foligno ed il Camerte e, mediante Spoleto lungo la Via della Spina, a Spoleto.
Per tale ragione da sempre Sellano non ha goduto di una sua autonomia pura, ma è sempre stato subordinato ad altre centri di potere.
Con l’affermazione dei Longobardi Sellano entrò poi a far parte del Ducato di Spoleto. Tra le più potenti famiglie feudali si affermano gli Alviano, che dominano Sellano fino alla metà del XII sec. Successivamente la città si erge a libero Comune. Vista la sua posizione strategica il Comune di Spoleto stringe un’alleanza federativa con Sellano. Solo nel XIII sec. la città riesce per breve tempo a liberarsi della presenza spoletina riconquistando la sua autonomia, ma dopo l’ennesimo contrasto con Spoleto avvenuto nel 1522 Sellano torna sotto il controllo di Spoleto, fino all’Unità d’Italia.
Sellano come tutti i borghi della Valnerina è stato duramente colpito nel corso dei secoli da rovinosi eventi sismici, pertanto solo in parte è giunto fino a noi il patrimonio storico-artistico che lo connotava. Ad esempio sappiamo che il paese fosse cinto da due ordini di mura, di cui oggi rimane solo qualche parte. Ciò che non è però mutato è l’aspetto di castello di pendio, con la tipica disposizione delle strade (con andamento parallelo alle isoipse e raccordate perpendicolarmente da viuzze interne). Di notevole interesse sono ancora oggi però gli edifici religiosi di: S. Francesco, con pianta centrale, risalente al XVI secolo sull’altare maggiore campeggia ancora un affresco dello stesso secolo; la parrocchiale di S. Maria, risalente al XII sec. ma totalmente rimaneggiata nel ‘500, e conserva al suo interno ancora opere dello stesso periodo; il simbolo della libertà cittadina ovvero il Palazzo Comunale, che attualmente presenta un prospetto cinquecentesco e conserva al suo interno affreschi del XVI sec. e ancora interessante luogo è l’ex-abbazia di S. Niccolò di Acqua Premula, di fondazione benedettina, ma trasmessa poi (nel XVI sec.) ai francescani, ancora oggi sono visibili le vasche utilizzate per l’allevamento dei pesci, l’antica chiesa, con antichissima annessa cripta e la sorgente di acqua ritenuta benefica per la cura delle calcolosi (che localmente venivano dette premiti).
Nel fondovalle del Vigi non sono presenti edifici o beni di valenza storico-artisctica, poiché essi sorgono per lo più in posizione rialzata rispetto al fiume.
Al momento della stesura del presente paragrafo (dicembre 2019), il sistema informativo sulle catastrofi idrogeologiche (SICI) elaborato dal CNR non fornisce informazioni riguardo agli eventi di piena che nel periodo compreso tra l’860 ed il 2001 hanno colpito il Comune di Sellano.
Comune di Vallo di Nera
Vallo di Nera sorge su di un poggio a 467 m slm. Testimonianze archeologiche lasciano intendere che l’area doveva essere abitata da popolazioni autoctone già a partire dall’VIII secolo a.C.
Nel III secolo si assiste alla romanizzazione del territorio, alla cui fase si riferiscono numerosi reperti archeologici.
Il toponimo deriva da Vallis o Vallum, vale a dire luogo fortificato. La specificazione idrografica (-di Nera) è stata aggiunta successivamente all’Unità d’Italia.
Durante la dominazione longobarda Vallo fa parte dei territori controllati dal Gastaldato di Ponte.
Data la posizione strategica Spoleto, nel 1217, ordinò la distruzione del castello feudale sorto sul colle Flezano che si era sviluppato e rafforzato dove sorgeva il primitivo insediamento romano-longobardo. Spoleto ordinò l’edificazione di uno nuovo centro – sottoposto alla sua autorità – denominato Castrum Valli. Sotto il controllo spoletino ed ecclesiastico Vallo vive una fase felice di notevole sviluppo.
La storia successiva di Vallo è caratterizzata da aspre lotte che vedono in un primo momento protagonisti guelfi e ghibellini ed in un secondo momento le coalizioni dei castelli della Valdinarco contro l’egemonia spoletina. Durante il pontificato di papa Clemente VII, il pontefice decreta la fine degli scontri ripristinando il controllo spoletino su tutti i castelli della montagna.
Al 1563 risalgono gli statuti comunali di Vallo. Il XVI secolo rappresenta un periodo florido per Vallo, fino a tutto il ‘700. In questo secolo infatti violenti terremoti sconvolgono la Valnerina, segnando l’inizio di un periodo di profonda crisi.
La fine del XVIII secolo vede l’affermazione anche in Valnerina dei francesi, che si alternano con lo Stato Pontificio, nella dominazione del territorio. Al crollo dell’impero francese (1814) Vallo torna nell’orbita spoletina, per riconquistare l’autonomia comunale solo dopo l’Unità d’Italia.
Il borgo oggi si presenta ancora cinto dalle splendide mura medievali, al cui interno è perfettamente conservato il tessuto viario antico, nonché le chiese di S. Giovanni Battista, che ospita uno splendido ciclo di affreschi eseguito da Jacopo Siculo, e la chiesa di S. Maria Assunta, con pitture su muro datate a partire dal XIV fra cui alcune riferite al Maestro di Eggi ed a Cola di Pietro da Camerino. Mentre nell’ex-palazzo comunale di Vallo è stata allestita l’antenna dell’Ecomuseo La Casa dei Racconti della Valnerina dedicata alla tradizione orale delle Vallanate, ovvero i racconti fantasiosi della tradizione locale ed appenninica.
In destra orografica del fiume Nera sorge la Chiesa dell’Eremita, edificata sul luogo di un precedente edificio religioso del IX sec. ed annesso complesso monastico denominato S. Maria de Ugonis dell’XI sec. all’interno dell’attuale edificio religioso, pesantemente rimaneggiato a causa dell’edificazione delle limitrofe cappelle cimiteriali, si conservano ancora affreschi del Maestro di Eggi. Il fiume lambisce il nucleo storico di Piedipaterno, sviluppatosi in destra idrografica del fiume. Piedipaterno ha restituito in passato tracce (una tomba e frammenti fittili) dell’antico insediamento romano. Nei pressi di Geppa sono stati effettuati degli scavi archeologici che hanno permesso la scoperta di una tomba di epoca romana. Sempre presso il fondovalle del Nera insiste il tracciato dell’ex-ferrovia Spoleto Norcia, oggi trasformato in percorso ciclabile.
In base al sistema informativo sulle catastrofi idrogeologiche (SICI) elaborato dal CNR, tra l’860 ed il 2001 il Comune di Vallo di Nera è stato interessato da diverse esondazioni.
Si riportano i seguenti dati riferiti da alcune di esse.
Nel dicembre del 1937, in località Piedipaterno, il fiume Nera è fuoriuscito dagli argini. Le condizioni climatiche avverse si protrassero per due giorni, andando ad interessare anche altre aree dell’Umbria, ci furono inoltre alcuni sfollati.
Nel dicembre del 1952 il fiume Nera è esondato in località L’Eremita, danneggiando soprattutto le infrastrutture viarie.
Nel dicembre del 1959 un evento meteoclimatico di tre giorni, ha provocato l’esondazione del fiume Nera che ha danneggiato edifici rurali nonché le strutture viarie del fondovalle.
Nel febbraio del 1963 il fiume Nera è fuoriuscito dagli argini e provoca ingenti danni alle aree agricole limitrofe.
Bibliografia
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APT Cascia (Cascia – PG) – Portale turistico della Valnerina, http://www.lavalnerina.it/
CEDRAV (Cerreto di Spoleto – PG) – Ecomuseo della Valnerina, https://www.cedrav.net/ecomuseo/
Coop. Monte Patino (Norcia – PG) – La Tua Guida Escursionistica on-line della medio-alta Valnerina: http://www.ivalnerina.it/
Cordella R., Norcia e territorio: guida storico-artistica, Una Mostra, Un Restauro, 1995.
Fabbi A., Storia e arte nel comune di Cascia. Arti Grafiche Panetto & Petrelli, Spoleto, 1975.
Sabatini O., Cascia dalle origini ai nostri giorni. Già libero Comune dal 1198, Tau, 2014.
SICI (Sistema informativo sulle catastrofi idrologiche) Progetto AVI del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Roma) – Catalogo delle informazioni sugli Eventi di Piena http://sici.irpi.cnr.it/index.htm
Spada E., Poggiodomo e il suo territorio, Alfagrafica Città di Castello, 1998.
Toscano B., Giacchè L., Ragni B. (1977), L’Umbria. Manuali per il territorio. La Valnerina. Il Nursino. Il Casciano, Roma, Edindustria.
Touring Club Italiano, L’Italia – L’Umbria, Touring Club editore, 2005.
* Descrizioni sempre riferite al periodo pre–sequenza sismica iniziata nell’agosto 2016